Pensiero di Baldo Scolari

Mi ricordo che… Cos‘é un ricordo? Di che materia sono composti i ricordi? Di parole o di immagini? O di suoni, odori, percezioni tattili?

I ricordi sono sfuggenti. Se ci sforziamo nel tentativo di evocarli, facciamo sempre fatica a catturarli.

Un ricordo non é semplicemente un evento di una realtà passata, un moto nello spazio e nel tempo registrato dalla nostra mente. Un vecchio filmino di famiglia, con scritto in basso a destra l’esatto anno, giorno e ora in cui è stato fermato un momento, o meglio una serie pressoché infinita di momenti, non é un ricordo. Ricordo é ciò che il filmino rievoca in ognuno di noi. É una determinata sensazione, emozione senza tempo. Catturare, fissare un ricordo é quindi un attività assai complessa, quasi artistica.

Il ricordo arriva inaspettato, é il risultato di uno stimolo esterno, di una serie di associazioni emotive; quando tentiamo di immortalarlo, é quasi sempre già sfuggito, nascosto fino a nuovo avviso nel nostro subconscio, o nel subconscio del mondo, delle cose.

“Allora cosa mi rimane?” – Ti chiedi. Beh, ti rimane l’unica cosa su cui hai potere, vale a dire la volontà di ricordare. La volontà di fissare in un luogo senza tempo insignificanti momenti, così insignificanti da essere la nostra ragione di vita, il fulcro del senso dell’esistenza. Perché le cose più belle, quelle che più di ogni altra cosa tengono caldo il sangue nelle vene, sono sempre insignificanti. Piccoli barlumi di luce.

La volontà di ricordare é il filo che lega passato, presente e futuro. Che lega la mia vita alla tua, a quella di mio nonno, di tua nonna, di tutti i nonni e le nonne e le sorelle e i fratelli di tutto il mondo. Perché chi non ha volontà di ricordare vive in mondo inorganico, senza tempo, una sorta di non-presente tutto uguale.

Io voglio ricordare chi era. Chi era Damiano? Prima di ogni altra cosa era un sorriso che esprimeva ed ispirava una fiducia senza eguali. Fiducia in se stesso. In me stesso. Nel mondo.

Damiano era quel ragazzo, che durante i nostri studi( o meglio non studi!) al liceo veniva la sera a trovarmi verso le 23. 00 – 23. 30 nel mio rustico a Gordemo. Si beveva insieme un bicchier di vino. Io fumavo una canna, e quasi fosse un rituale lui mi diceva: “ É ora di smettere, con quella roba, che ti spegne il cervello, ti limita il pensiero!”. Io ridevo. Poi si parlava. Generalmente si parlava di politica, di filosofia, di giustizia sociale. Quanto erano belle le nostre discussioni! Io lo bollavo con ironia: “Oregiatt!” – e lui me: “Comunista!” Incredibile era la nostra capacità, sul finire di ogni discussione, di trovarsi di comune accordo, di trovare quella terra di confine, dove ideologia e senso critico si fanno coppia equilibrata, matrimonio perfetto. Era il profondo rispetto reciproco che ci portava a capire e ponderare le opinioni del’altro. Quasi fosse un rituale, ci dicevamo: “Ah, se tutti tutti i politici sapessero discutere come lo facciamo noi…”

Damiano era quel ragazzo che una sera dell’estate 2007, quando piangendo gli roccontai le mie paure riguardo a mia madre, la paura di non riuscire ad affrontare la vita, di perdemi come si era persa lei, mi abbracciò e tenne stretto a lungo. Poi, guardandomi negli occhi, mi disse: “Baldo, con il tuo ego e la tua voglia di scoprir te stesso e il mondo, sarai tu a determinare la tua vita…” Mi conosceva meglio che io me stesso. Quale fiducia, quale volontà di speranza in queste parole!

Se non mi sbaglio fu Orazio che scrisse, molto tempo fa, che dei defunti si parla sempre in bene. Potra anche essere vero, ma se c‘é una cosa che posso affermare con certezza, é che di Damiano o da parlare solo in bene! Ho conosciuto poche persone con una tale calma interiore, con una così chiara visione delle cose. Sapeva sempre stupirmi, la sua capacità di non cadere nella trappola del giudizio, del criticar l’agire degli altri. Di non voler dare giudizi affrettati sulle persone. L’atto del criticare é sempre pericoloso. É sempre strettamente collegato con una sensazione di superiorità, che tra l’altro é quasi sempre sintomo di insicurezza. In quest’ambito ho ancora molto da imparare da Damiano.

Io voglio ricordare. L’apatia, caratteristica intrinseca del’oblio, é l’esatto contrario di quello che era Damiano. Potrà sembrare naiv, potrà sembrare una scusa, un castello di sabbia per combattere il dolore, ma Damiano é ancora con noi se ci ricordiamo chi era, se ci sforziamo, giorno dopo giorno, di ricordare il suo volto, le sue gesta, i suoi versi, come “muuu” e “gnaah”, le sue mani parlanti, il suo collo giraffesco che lo faceva riaffiorare fra le folle.

Scrivendo queste righe, mi accorgo di una disperata speranza. Nel immediato adesso mi accorgo di dubitare di quel che scrivo. Che stia mentendo a me stesso? Che stia cercando di nascondere l’empirico e semplice fatto che Damiano non é più? Ma é proprio questa la caratteristica tipica della volontà: é mia. Nessuno me la puo togliere. E io voglio credere che Damiano é vivo, perché vive nei miei ricordi. Vive nei ricordi di tutti quelli che lo hanno conosciuto e non hanno potuto far a meno di amarlo. Vive, malgrado il profondo male di cui siamo stati testimoni, nei nostri ricordi, per darci la speranza di cui abbiamo bisogno. Per ricordarci che al mondo ci sono anche persone buone, allegre e sempre disposte ad aiutare un amico anche nei momenti più difficili. Persone come lui. Per me lui sarà sempre un esempio da seguire, una stella ispiratrice, una forza trainante. Sarà sempre la persona che nella mia piccola storia di vita, ha avuto l’importante ruolo di lume al significato più profondo della parola significato più umano, più profondamente radicato nel anima. In un mondo di incertezze, mi rimane fra poche la certezza, la fede nell’amicizia, il regalo più grande che potesse farmi.