Voglio raccontarvi la mia storia, una storia come tante di un ragazzo comune…o quasi.
Cominciamo quindi dall’inizio, sono venuto al mondo, più o meno come tutti, alla Clinica Santa Chiara di Locarno il 28 settembre 1985 alle 23.25.
Mentre stavo assaporando le prime sensazioni terrene, la mia mamma, dopo tanti sforzi ha potuto godersi un po’ di meritato riposo e mio papà felicissimo se n’è andato a festeggiare con lo zio.Il mio primo giorno di vita è stato un grande evento per la mia famiglia, sono venuti tutti a vedermi e vi dico che sono veramente tanti tra nonni, zii, prozii… bisnonni, mi sentivo un vero principe.
Finalmente dopo una lunga attesa e con grande gioia i miei genitori hanno potuto abbracciarmi; mio papà è stato tutto il giorno con me, ma alla sera è andato in Piazza Grande per un concerto del suo idolo, tale Vasco Rossi. Non ne capivo molto a quel tempo, anzi proprio niente, però mi ricordo che dopo qualche anno mi mostrò una fotografia con la dedica e la firma di Vasco.
A poco più di sei mesi, imparai ad uscire dal lettino e ad andare in giro per casa giocando a nascondino. Vennero pure i primi dentini, un po’ una noia a dire la verità, ma intanto il tempo scorreva tranquillo. Ma…cosa succede adesso? Vedo un gran trambusto, hey perché portano via i mobili? Pensai. Ah…si, stavamo traslocando. Che bello, siamo andati in una casa tutta nostra e che bel paesino, mi dissero che si chiamava Gordemo, beh, a me piaceva molto. Che strano…nella mia camera trovai due lettini…mah?
Passai i primi giorni a scoprire la casa nuova, c’erano le scale, non ci ero mica abituato. Con grande apprensione da parte di mia mamma, dovetti imparare ad usarle senza cadere. Il papà ha fatto un tentativo per metterci un cancelletto, ma io, ih ih, non ci ho messo molto ad imparare ad aprirlo.
Pensai che la mamma avesse mangiato un po’ troppo, le era venuto un gran pancione, comodo però, mi ci potevo sedere sopra quando mi prendeva in braccio. Passarono alcune settimane e mio papà mi portò alla clinica… “hey… non vorrà mica portarmi indietro…” pensai. Ma invece arrivammo in una camera e trovammo la mamma, ma chi c’era con lei? Chi era quella bambina che strillava tantissimo? Papà mi disse che era la mia sorellina e che non sarebbe stata sempre così, beh…lo sperai tanto. Si chiamava Deborah, “che nome…” pensai, “quasi quasi io la chiamo Bibbi”. Allora capii perché c’erano due lettini.
Io e Bibbi cominciammo a vivere assieme, in fondo ero contento di avere una sorellina che potesse giocare con me, però in fatto di strilli meglio non commentare…
Che ridere, mi ricordo del mio primo scherzetto che ho fatto alla mamma, sono entrato nel lettino di Bibbi, l’ho tirata in fondo e l’ho nascosta sotto al piumino, avreste dovuto vedere la faccia che ha fatto la mamma quando è entrata in camera e non l’ha vista…
Scoprii di essere un piccolo genio in fatto di scherzetti. Poi ve ne racconterò altri. Cominciai ad avere qualche amico, Mattia, Baldo, Nadir, ah si anche Giona, un giorno la mamma mi portò a casa sua e io volli mostrargli quanto ero già bravo ad entrare e uscire dal lettino, lo facevo già da mesi. Anche lui volle provare ma credo che non avesse capito bene il trucco perché purtroppo atterrò sulla testa.
Quando compii tre anni, ricevetti un cane, lo chiamai Pinta. Non avevo mai espresso quel desiderio, credo che fosse papà a volerlo. Si, i cani mi piacevano, ma non troppo però, forse perché una volta restai impigliato nella catena di Pinta, che era un cane piuttosto grande e irrequieto e rischiai di essere strangolato. Pinta ci lasciò dopo pochi anni a causa di un incidente con un’auto, così per qualche anno restammo senza cani. Mia sorella, a cui piacevano molto, continuava a chiedere di averne uno, così la mamma disse: “va bene, ma che non sia più alto di così” e indicò l’altezza di un gatto. Detto fatto, arrivò Pluto, che era anche più piccolo di un gatto. Un cagnolino tutto pepe però, un grande guardiano. È probabile che intuisse che non amavo troppo i cani perché mi fece subito la pipì su un piede. In seguito arrivò in casa anche Akeli, una piccola compagna per Pluto che regalarono a Deborah e che ci accompagnò per quattordici anni.
Gli anni passarono e cominciai la mia carriera di bambino impegnato, dapprima al Mini Club, poi all’asilo e finalmente a scuola dove potevo sfoggiare quanto avevo imparato. Sapevo già leggere e scrivere, volete sapere come ho imparato? Non ci crederete mai, ma ho imparato a conoscere le letterine dalla tenda della mia camera. Si, proprio così, sulla tenda c’erano le lettere dell’alfabeto e tutte le sere prima di andare a letto me le facevo indicare da mamma o da papà e così dopo qualche tempo le sapevo tutte a memoria, poi imparai a metterle assieme e a scrivere le prime parole.
Io e Bibbi eravamo molto contenti dei nostri genitori, facevamo molte cose assieme, passeggiate, andavamo a sciare, al mare e poi quando andavamo a letto, dopo il rito della tenda, ci leggevano le fiabe, beh.. non sempre solo fiabe, anzi, ricordo che papà ci lesse “20’000 leghe sotto il mare”, certo lui era un subacqueo appassionato; peccato non riuscisse mai a finire il capitolo perché ci addormentavamo prima.
Mi piaceva molto andare a scuola ed ero anche piuttosto bravo, stavo attento e imparavo presto. Ogni tanto mi annoiavo un po’ perché finivo sempre molto presto i compiti, così Sergio, il mio maestro preferito delle elementari mi dava dei libri da leggere.
Un giorno rientrando da scuola trovai una biscia morta, mi venne così una grande idea… la misi nella cassetta delle lettere di casa mia ed entrando dissi allegro a mia mamma: hai visto cos’è arrivato per posta? Fece un urlo terribile (da lì capii da chi aveva preso mia sorella) ed io mi spanciai dalle risate.
Qualche anno prima ebbi un’altra idea geniale, feci uno scherzo al gatto di casa, lo gettai dalla finestra facendolo atterrare sulla ringhiera dove avrà sicuramente perso una delle sue sette vite. Suvvia, concedetemi l’attenuante che ero ancora molto piccolo.
Insomma mi piaceva fare il burlone, venne anche il periodo in cui cominciai a raccontare barzellette, ne sapevo un sacco cosicché, ad ogni occasione di incontro con la famiglia, dovevo dare sfoggio della mia comicità. Io e papà ci scambiavamo sempre delle battute molto divertenti che spesso capivamo soltanto noi.
Dopo alcuni giochini elettronici, arrivò il mio primo Nintendo. Grande! Mi appassionai subito di Super Mario Bros e di Mortal Combat, grandi partite e grandi lotte, specialmente con i genitori che volevano limitarmi il tempo davanti allo schermo.
Frequentai poi le scuole medie senza particolari problemi, avevo già le idee abbastanza chiare sul mio futuro, ricevevo sempre delle note molto buone, specialmente nelle materie che mi interessavano.
Cercavo di stare molto attento durante le lezioni e se non capivo chiedevo spiegazioni, così da non dover studiare molto a casa. Funziona davvero. Lo stesso valse per il liceo e per i primi semestri all’università. E adesso basta così, non vi annoio più con le mie storie scolastiche.
Torniamo ai giochi, cominciai a frequentare il Drago Rosso e mi appassionai moltissimo dei giochi di ruolo, dapprima Magic e poi Warhammer. Papà cercò in tutti i modi di capirci qualcosa, voleva dimostrare interesse per quello a cui dedicavo tanto tempo, ma non ci riuscì mai. Eh certo che non era mica roba da vecchi…
Ed ora due righe sulla mia carriera sportiva: anche se non ero molto portato per lo sport, ma qualcosa feci. Mi piaceva sciare, imparai molto presto, i miei genitori mi portarono sulle piste già prima che imparassi a camminare.
Tutti gli anni per le vacanze i miei genitori affittavano un appartamento nei posti più belli della Svizzera. Venivano sempre anche il nonno, lo zio e Marco, un amico di papà, un tipo molto divertente e bravissimo sciatore, che fu per me un ottimo maestro.
Provai anche con la pallacanestro, ci andai per un paio d’anni ma non si rivelò essere uno sport per me, per un certo tempo giocai anche a unihockey, però decisamente non ero tagliato per gli sport di squadra, non avevo uno spirito di competizione. Feci anche un po’ di nuoto nella società di mio papà, mi piaceva stare nell’acqua però non mi interessavano le gare.
Come vi ho già detto, papà è un subacqueo molto appassionato, ebbi così la possibilità di sperimentare molto presto anche questa disciplina. Con lui, durante una vacanza in Spagna, andammo a fare un giretto tra gli scogli, mi piacque molto, tranne per una cosa, incontrammo un piccolo polipo e papà cominciò a giocarci e siccome l’animaletto si rivelò molto socievole, iniziò a seguirci ed io, che ero alla mia prima esperienza marina, divenni piuttosto inquieto all’avvicinarsi di tanti tentacoli. Usciti dall’acqua dissi: “Papi, mi è piaciuto molto, però la prossima volta non giocare più con i polipi”. Rise e mi spiegò che non c’era nessun pericolo, se li rispetti, gli animali marini non ti fanno niente.
Appena raggiunsi l’età dovuta, papà mi fece il corso di subacqueo principiante, in seguito ottenni anche alcuni brevetti più avanzati. Mi piaceva proprio andare sott’acqua, ci andai nel lago, nei fiumi e nei laghetti di montagna, ma l’esperienza più bella fu quando andai con la famiglia al Mar Rosso. C’erano molti pesci colorati, alcuni veramente strani, fu molto emozionante vedere il mio primo squalo. Fui molto impressionato dalle immersioni sul relitto di una nave inglese della seconda guerra mondiale.
Nella foto mi vedete con il cannone del Thist.
Per me che avevo già in mente una certa carriera, vedere quella nave con i cannoni, carri armati, bombe e molti equipaggiamenti militari che dovevano servire agli inglesi impegnati nella guerra in Africa fu una grande emozione. Di giorno facevo immersioni con papà e alla sera all’albergo gli animatori facevano sempre degli spettacoli molto divertenti. Fu proprio una vacanza molto bella. Papà promise di portarmi anche in altri posti a fare immersioni, ma purtroppo dovetti dare la precedenza agli studi.
L’arrivo del computer in casa, fu un grande avvenimento, mi ci appassionai subito. Certo il primo non era gran ché, papà lo aveva preso usato dal suo ufficio, ma per l’inizio andava bene, già ci installai qualche gioco. Nacquero però alcune discussioni, a quel tempo non c’era ancora la connessione a Internet ADSL con una tariffa forfettaria, bensì si pagava un tanto al minuto ed io di minuti in Internet ne passavo assai. Vi lascio immaginare cosa succedeva quando i miei genitori ricevevano la bolletta telefonica.
Poi con i miei primi guadagni mi comperai un computer nuovo, molto più potente che mi permise di iniziare con i giochi in rete e l’arrivo del collegamento ADSLcalmò le discussioni sulla bolletta.
Ma sapete come sono i genitori, non finiscono mai di “rompere”, avevano comunque da ridire perché passavo moltissimo tempo al computer, beh, in fondo ogni tanto avevano un pochino di ragione, alcune volte esageravo e me ne rendevo conto anch’io.
Per un periodo mi trovavo con gli amici per dei LAN party, si trattava di giocare ininterrottamente per un paio di giorni. Ci trovavamo in una decina di amici, ognuno con il proprio computer e li collegavamo assieme, in modo da creare la nostra rete per il gioco. Molte volte avveniva a casa mia, che si riempiva di cavi e di gente che dopo molte ore davanti allo schermo, crollava su divani e poltrone o anche per terra con un cuscino.
La mia casa si riempiva spesso di amici, per cene, feste di compleanno, feste di fine anno. Devo ammettere che in queste occasioni i miei genitori erano molto tolleranti, dovevamo solo ripulire alla fine, anche se la mamma, essendo un po’ più pignola di noi doveva pulire e ordinare nuovamente, ma in fondo lo faceva volentieri. Volevo molto bene alla mamma, anche se ogni tanto stressava un po’, ma come tutte le mamme d’altronde.
Arrivò finalmente anche la convocazione al reclutamento per il servizio militare, ne fui molto felice, fui incorporato come artigliere di contraerea. Ricevetti gli anfibi nuovi che dovevano essere usati un po’ per adattarli ai miei piedi ed io li portai moltissimo. Iniziai quindi la scuola reclute e decisi anche di fare una pausa di un anno negli studi, in modo da iniziare subito anche la scuola sottoufficiali, infatti divenni sergente.
Ero molto orgoglioso delle onorificenze che avevo ottenuto, tra cui quella per il tiro al bersaglio, papà mi invitò quindi a seguirlo per il tiro obbligatorio a Comologno, in fondo alla Valle Onsernone, dove si trova lo stand della società di tiro a cui è iscritto, infatti gli piace sparare al bersaglio ed ogni anno ci va alcune volte.
Entrambi ottenemmo la menzione per il tiro obbligatorio e la medaglia per il tiro in campagna (si tratta di mirare ad un bersaglio mascherato), e dovetti ammettere che lui era migliore di me, grrr….. in ogni disciplina mi batté di due punti. Ma io ero molto più ambizioso, quindi inoltrai la mia candidatura per la scuola ufficiali.
Dopo un paio di semestri all’università partii quindi per la mia nuova avventura al servizio della patria. Ero molto orgoglioso delle onorificenze che avevo ottenuto, tra cui quella per il tiro al bersaglio, papà mi invitò quindi a seguirlo per il tiro obbligatorio a Comologno, in fondo alla Valle Onsernone, dove si trova lo stand della società di tiro a cui è iscritto, infatti gli piace sparare al bersaglio ed ogni anno ci va alcune volte.
Non fu certo facile, c’era molto da studiare e molta attività fisica, soprattutto diverse marce forzate, la più lunga fu di cento km. Verso la fine del corso passammo alcuni giorni sotto pressione: molti compiti da svolgere in pochissimo tempo e poche ore di sonno. Fu veramente impegnativo, ma alla fine ottenni ciò che desideravo con successo.
La cerimonia ufficiale per la consegna del grado si svolse a Weggis, sul Lago dei Quattro Cantoni. Invitai i miei genitori, i nonni e mia sorella, credo che sia stato il giorno più bello della mia vita, ero emozionantissimo. Anche i miei genitori lo erano per me, specialmente papà, malgrado che in principio fosse un po’ scettico sulla mia scelta per una carriera militare, alla fine era molto fiero di me. Potevo capirlo, quando toccò a lui a fare la scuola reclute erano altri tempi.
Malgrado il sistema universitario non mi piacesse molto a causa dello studio mnemonico, decisi di terminare i semestri che mi mancavano nella facoltà di scienze politiche e in seguito mi piaceva molto l’idea di frequentare l’accademia militare.
Gli studi per una carriera nell’esercito permettono di imparare alcune materie molto interessanti, come l’apprendimento delle varie tattiche e la psicologia per la gestione delle persone. Discipline che trovavano riscontro pratico durante gli esercizi con la truppa.
Trovai anche un’applicazione ludica: utilizzando quanto avevo imparato durante la scuola ufficiali, ottenni grande successo come comandante di una gilda nel mio gioco in rete preferito, “World Of Warcraft”.
I moltissimi amici hanno svolto un ruolo importante nella mia vita: eravamo molto uniti e facevamo molte cose assieme: fantastiche partite a bowling , a biliardo, memorabili feste di fine anno, compleanni, insomma ogni occasione era buona per incontrarci e fare baldoria. Avevo la fortuna di abitare in una casa grande e con un bel giardino con griglia, così moltissime volte ne approfittavo per invitare gli amici.
Fui molto fortunato ad avere degli amici che mi volevano molto bene e con cui potevo discutere dei miei e dei loro problemi. Non vi sto a dire tutti i loro nomi, sono veramente tanti.
Eravamo in tanti, un bellissimo gruppo. Purtroppo non ci sono foto dove ci vedete tutti tutti insieme.
Non perdevo mai l’occasione per fare il buffone, alcune volte volontariamente ed alcune volte no, come quando cercando di fare il figo al bowling, ne è nato un lancio sbilenco con tanto di scivolata, scena che è poi finita su YouTube. Oppure come quando al Bar Castello sono inciampato con la birra in mano tirandomela addosso, immaginatevi le risate dei miei amici. Le mie battute poi erano mitiche…
Coglievo sempre le occasioni per travestirmi, ai rave, alla Street Parade e a carnevale, spesso lo facevo anche in maniera stravagante. Carnevale mi piaceva molto, all’ultimo sono stato all’apertura del Rabadan di Bellinzona, a Roveredo e alla Stranociada, mi ero vestito da Emo, personaggi che si truccano labbra e unghie di nero, con i capelli neri e lisci che coprono parte del viso e, con un aspetto triste e abbattuto.
Ed è proprio alla Stranociada di Locarno che finisce la mia storia.
Avevo molti progetti per il mio futuro ma tutto si è fermato a Locarno, in Via Borghese, la sera del primo febbraio 2008.
Il destino ha voluto che incontrassi alcuni individui che hanno voluto cambiare il corso della mia vita per spedirmi a svolgere una missione molto speciale nel più grande gioco di ruolo dell’universo.
Eccomi, un’ultima stupenda foto con i miei amici Denny, Anaïs e Alberto.
Quanto eravamo felici e spensierati!
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