Una raccolta di pensieri per Damiano scritti dai suoi più cari amici.
Lettera per Damiano da papà Maurizio
Caro Dami,
è già passato un anno da quando te ne sei andato, o meglio, da quando ti hanno mandato via. Come è cambiata la mia vita, della mamma, di Deborah e di tutti i parenti e amici.
Ci hai lasciato un vuoto pazzesco, ci manchi ogni giorno.
Non mi sembra ancora vero che sia successo, la mia mente si rifiuta di accettare un avvenimento così tremendo, ma purtroppo so bene che la realtà è questa. È successo un anno fa, ma mi sembra ieri che io ero a letto con l’influenza e tu mi aiutavi ad alzarmi, poi quella mattina del primo febbraio, tu ti eri fermato a dormire da Alberto dopo il carnevale di Roveredo e sei arrivato a casa in tarda mattinata. Mentre io che stavo un po’ meglio mi sono alzato per andare in bagno e ho guardato dalla finestra, era una giornata fredda e uggiosa, ricordo che mi ha colpito vedere un grande uccello con le ali verdi, pensai che fosse scappato da una qualche voliera. Poi se ne volò via e non ci pensai più. La sera saremmo restati solo noi due a cena, perciò volevo prepararti qualcosa, ma tu non hai voluto per non darmi disturbo perché avevo ancora un po’ di febbre, così sei andato a mangiare dalla nonna che nel frattempo ti aveva invitato. Io ero sdraiato sul divano e tu mi hai detto “ciao papi, vado a cena dalla nonna e poi scendo a Locarno” e io ti risposi “va bene, ma quando vuoi tornare a casa, chiama pure a qualsiasi orario che io o la mamma veniamo a prenderti”. Queste furono le ultime parole che ci scambiammo.
Poi verso mezzanotte squillò il telefono, io ero già a letto e ha risposto la mamma che era in salotto, pensai che fosse Deborah che era a Olten e che ci chiamava per dirci che era rientrata a casa dopo il lavoro, invece arrivò in camera la mamma tutta trafelata, aveva telefonato Alberto dicendo che ti avevano portato al pronto soccorso, ma non ne sapeva di più. Dimentico del tutto dell’influenza mi sono vestito in fretta, poi sono venuto all’ospedale con la mamma e strada facendo cercai di tranquillizzarla perché era molto agitata. Poi l’attesa al pronto soccorso, e infine il verdetto del primario: “signori, mi dispiace, non c‘è più niente che la medicina possa fare per vostro figlio”, senza appello e senza attenuanti.
Più tardi ci accompagnarono al reparto cure intense, dove ti avevano portato dopo gli esami, sembrava che tu stessi dormendo, ma anche in quello il primario è stato chiaro, ha detto: “non illudetevi, è la macchina che respira”. Capirai che ci è crollato addosso il mondo, io e la mamma non riuscivamo a capire, ad accettare. In seguito siamo stati accompagnati a casa, eravamo molto confusi, nell’atrio dell’ospedale c’erano tutti i tuoi amici in attesa di notizie ma lo sapevano già che eri grave ed erano disperati. Fuori impazzava il carnevale ma l’atmosfera era surreale, non potevo immaginare che qualcuno potesse divertirsi, ma non sapevano, non ancora.
Il mattino seguente all’ospedale c’era moltissima gente, i parenti e gli amici venuti a trovarci, che erano tutti sconvolti e increduli, caro Damiano l’hai proprio fatta grossa.
Verso mezzogiorno ci raggiunse anche Deborah, le avevo telefonato al mattino dicendole di prendere il primo treno e venire a casa, non le avevo ancora detto che non c’era speranza, ma entrando all’ospedale, il cappellano ha fatto una grossa gaffe, malgrado che non fosse ufficiale la tua morte si è avvicinato porgendoci le sue condoglianze, fu una doccia fredda anche me che già lo sapevo, ma per lei fu tremendo. Quando ti vide mi disse: “ma dai, sta solo dormendo”, era proprio inaccettabile.
Credimi Damiano, non ho mai passato giorni così brutti, settimane, mesi. Nel pomeriggio vennero due ragazzi a spiegarci cos’era successo, erano quelli con cui stavi parlando quando fosti aggredito. Fui loro grato per aver avuto il coraggio di venire a parlarci, fu importante sapere che cosa era successo, anche se seppi poi che uno di loro non era proprio un santo e infatti, visto i suoi precedenti in un primo momento fu arrestato e condotto via in manette, probabilmente ha voluto mettere in evidenza anche davanti a noi che lui non aveva fatto niente.
Ritornati da te venne la dottoressa, mancava poco alla seconda e ultima prova di staccarti la macchina per vedere se avresti respirato autonomamente, ci chiese se eravamo d’accordo per la donazione degli organi, come prima reazione pensai: “ma cosa mi chiedono? Damiano non è mica morto”. Io e la mamma ne parlammo, bisognava guardare in faccia alla realtà e dare una risposta perché l’organizzazione per l’espianto è molto complicata e richiede tempo. Il nostro problema era di accettare l’idea della tua fine, la possibilità che tu non saresti più tornato a casa, ma poi sapevamo della tua grande generosità e che tu stesso ti saresti arrabbiato se non avessimo dato la possibilità di continuare a vivere a cinque o sei persone. Più tardi arrivò a farti visita il Vescovo, rimasi impressionato vedendolo ad abbracciarti in lacrime, non lo credevo così sensibile.
Giunse anche il momento della seconda prova, speravo tanto che ce la facessi ma purtroppo fu decretata la tua morte. Era così difficile da credere anche perché ti avevano ancora riattaccato alla macchina per respirare in attesa dell’espianto che sarebbe avvenuto all’indomani. La domenica pomeriggio dovettero trasportarti a Lugano per l’espianto degli organi, noi volevamo stare con te il più possibile, così ti abbiamo seguito, c’era anche la tua sorellina. Quando arrivammo in una sala d’attesa dell’ospedale c’erano alcune persone che leggevano un giornale domenicale e restammo impressionati nel vedere una tua fotografia in prima pagina, sembrava talmente assurdo. C’era uno che diceva: “ma guardate la foto, deve essere per forza un bravo ragazzo, non ha mica gli occhi di uno che va a cercare rogne” e io mi avvicinai dicendogli che aveva ragione, lo sapevo bene perché io ero suo papà.
Ogni volta che si poteva volevamo tenerti la mano, abbracciarti, fino alla fine e quello fu un altro momento terribile, quando ci fecero entrare in una camera e, tu eri li, freddo. Poi sentimmo un elicottero che partiva con la parte di te destinata a vivere. Tornammo a casa, non mi ricordo che ora fosse ma era notte da un bel po’, eravamo tutti in uno stato di stanchezza, dolore, da incubo, stato che continuò anche per molti giorni, settimane, mai stati peggio.
Lunedì è arrivata molta gente, parenti e amici, era venuto anche il tuo amico Elmin, mi disse che il mondo dei bloggers e non solo si era scatenato contro gli stranieri, specialmente balcanici e anche lui che è kossovaro aveva ricevuto messaggi osceni e minacce. Quando fummo finalmente soli, mancava poco a mezzanotte e io ero stanchissimo, ma continuavo a pensare a quanto mi ha detto Elmin, lui che era uno dei tuoi migliori amici, non era giusto. Così mi misi al computer, non so con quale forza e come ho fatto a trovare le parole, sono sicuro che ci hai messo tu lo zampino, ho scritto una lettera per giornali, radio e televisione, cercando di trasmettere un messaggio che contribuisse a calmare le acque. Stando a quanto ho poi sentito dopo pare che sia servito. Grazie Dami.
Arrivò anche il giorno del funerale, certo che ti è stato reso un grande onore, c’era tantissima gente, le autorità, tre consiglieri di stato, due vescovi, moltissimi militari.
Ma tu lo sapevi già, vero? Un giorno, quando ci rivedremo, mi dovrai spiegare perché pochi giorni prima della tua partenza, commentando la grande partecipazione al funerale del ragazzo tuo vicino di tomba, dicesti alla mamma: “vedrai al mio, quanta gente verrà e ci saranno anche le autorità”.
E poi, che dopo la tua morte mi sono venuti in mente diversi fatti strani, ad esempio che io quello che ti è successo l’avevo pensato più di una volta, non mi ricordo in quale occasione, forse nel dormiveglia. Chiaro che questi pensieri li ho scacciati subito dicendomi “ma che scemo, che cavolo penso?”. Poi più volte hai detto, parlando delle tue ambizioni per il futuro: “vedrete come sarò famoso”, io e la mamma ne eravamo fieri, certo, ma la tua fama non doveva essere questa. Questa forse è una stupidata ma ho pensato anche a quell’uccello verde che vidi quel maledetto giorno di carnevale, che sia stato un “uccello del malaugurio”? Questi sono solo alcuni dei fatti strani che sono successi, ne avremo di tempo per discuterne quando ci ritroveremo.
Sai, com‘è difficile cercare di dare un senso a quello che ti è capitato, tu che volevi bene a tutti, ti hanno proprio scelto bene come vittima. Quante volte mi sono chiesto, ma perché tu? Perché dovevi proprio essere li in quel momento? Perché, perché?
Lo so che dovrò ancora attendere un po’ per avere una risposta, ma, anche se con molta fatica, sono riuscito ad avere la consapevolezza che ci sia un disegno ben definito per ognuno di noi, che la tua missione era questa e che dovevi dare un segno forte per scuotere le coscienze della comunità.
Un giorno uno dei tanti miei amici che conoscevi bene anche tu, Ivo, mi propose di creare una fondazione in tua memoria. Mi parve subito un’ottima idea e dopo averci pensato qualche giorno, mi attivai per concretizzarla. Mi piacque proprio l’idea che con una fondazione a te dedicata si potesse mantenere viva la tua memoria e nel contempo fare qualcosa di positivo e di buono, ciò poteva essere un mezzo adatto per dare almeno un po’ di senso alla tua morte. Lavorare per la fondazione è una delle poche cose che, ancora tuttora mi fanno bene e mi aiutano ad elaborare il lutto della tua partenza. Però sono anche sorpreso non poco dall’enorme interesse e sostegno che suscita la fondazione e mi rendo conto della necessità che aveva la nostra società di un organo indipendente per la prevenzione della violenza giovanile, ciò un po’ mi spaventa per la grande responsabilità di cui mi carica, ma so che ce la farò con l’aiuto degli altri membri e sopratutto con il tuo. Però, Damiano, dovevi proprio essere tu il “martire”?
È molto strano essere al centro dell’attenzione, come comportarsi, sentire le reazioni della gente, una cosa che non capiscono è che per noi, come tutti i genitori che hanno perso un figlio, il nostro problema è proprio quello, invece secondo la maggior parte coloro che venivano a dimostrarci la loro solidarietà doveva essere il modo in cui è successo. È vero, sapendo che sei morto per la precisa volontà di qualcuno fa rabbia, molta rabbia, non sai quali pensieri ho fatto contro i tuoi aggressori, quante volte sono andato in giardino a sfogarmi prendendo a bastonate quello che capitava. Se li avessi avuti fra le mani in quei momenti, non so come ne sarebbero usciti, ma so bene che la vendetta non ti riporterebbe indietro, che sarebbe altra violenza e che alla fine diventerei come loro. No, noi non siamo così, anche tu come me avevi fiducia nella gente e quando ti hanno aggredito ne sei rimasto talmente sorpreso che non hai nemmeno reagito.
Da quando te ne sei andato non ho fatto che ripensare a tutto quello che abbiamo passato assieme, ho anche scritto un racconto sulla tua vita come se fossi stato tu a farlo, chiaro, visto con i miei occhi che si riempivano di lacrime ad ogni passaggio, spero che ti piaccia, adesso si trova sul sito della fondazione. Non sai che dolore si prova a rivedere le tue foto, eri un giocherellone e facevi sempre le smorfie davanti all’obiettivo, difficile trovare foto serie. All’inizio facevo una fatica enorme a vedere le foto che ti avevo scattato a Weggis alla cerimonia per la promozione a tenente, secondo me quello è stato il giorno più felice della tua vita. È anche per questo che abbiamo deciso di metterti l’uniforme al tuo funerale. Poi, com‘è stata dura andare a Zurigo a liberare il tuo appartamento, l’abbiamo fatto io e la mamma un mese dopo la tua morte (mi fa ancora impressione scrivere questa parola riferita a te), la tua camera era ordinata come sempre, ogni cosa che ci veniva in mano era pesantissima, le tue maglie preferite, il tuo computer, i tuoi libri. Avevo sempre una rabbia dentro, sopratutto per l’impotenza e per la consapevolezza che non si poteva più fare niente per riaverti.
Durante quest’anno sono successe molte cose che non avrei mai immaginato potessero capitare a me, interviste a giornali e televisioni, discorsi davanti a centinaia di persone, inviti a conferenze sulla violenza, ho incontrato molta gente che non pensavo di conoscere, grazie a te, ma ti giuro, come vorrei che non fosse successo niente e riavere la mia vita di prima, con le mie gioie, le mie speranze e i miei piccoli problemi.
Anche la giustizia stava facendo il proprio corso, si avvicinava piano piano anche la data del processo, finché ce la comunicarono, l’inizio sarebbe stato al 19 gennaio. Non ti nascondo che l’avvicinarsi di questo momento mi dava un po’ d’ansia e prima di quello ci sarebbe stato il Natale, il primo senza te. Per fortuna abbiamo deciso di fare ugualmente la vacanza con tutta la famiglia che ti avevo promesso l’anno scorso, siamo andati in Thailandia con Deborah e Christian, ti sarebbe proprio piaciuto tanto.
Per tutti noi è stato un momento di distacco, ma non da te, sapessi quante volte ti abbiamo nominato. Il beneficio delle vacanze è durato molto poco, infatti si avvicinava a grandi passi l’inizio del processo e l’ansia diventava sempre più grande. Non sapevo bene come avrei reagito a guardare in faccia i tuoi assassini ed era anche inevitabile un incontro ravvicinato con i loro genitori.
Arrivò quindi anche il primo giorno, era lunedì 19 gennaio. È stato strano vederli, ad un primo momento ho visto dei ragazzi, magari un po’ intimoriti a trovarsi seduti su una sedia davanti a giudici e giurati. Ma appena il giudice cominciò ad interrogarli, anche con una certa veemenza, ho cambiato subito idea, non erano proprio dei ragazzi che ne hanno combinata una più grande di loro, erano piuttosto arroganti, molto reticenti ad ammettere certi particolari evidenti e davano delle spiegazioni assai assurde sui fatti. Cercavano con scaltrezza di ingannare giudice e giurati, che evidentemente però erano tutt’altro che stupidi. Sai Dami, la cosa che mi ha fatto più male è che nei loro occhi non ho visto un’ombra di pentimento, a parole lo hanno detto, ma se lo fossero stati veramente avrebbero collaborato e detto tutto ammettendo le proprie colpe, avrei voluto sentire da loro perché lo hanno fatto, invece sono stati reticenti fino alla fine. Peggio per loro in fondo, se fossero stati più collaborativi avrebbero sicuramente avuto una pena minore.
Io e la mamma avevamo bisogno di sapere cosa è successo, era un passaggio necessario, ma che fatica! Abbiamo saputo nei dettagli di quale crudeltà sei stato vittima, è assolutamente incredibile e inconcepibile che sia potuto succedere, i tuoi aggressori dovevano proprio essere invasati dal demone della stupidità. Purtroppo mi si sono aperti gli occhi su una realtà giovanile, non solo per quei tre, ma per tutto quello che c‘è stato a contorno, ragazzi ubriachi, bande che cercano solo il minimo pretesto per innescare un conflitto, magari con l’intenzione di scatenare una rissa. Questo è anche la dimostrazione dell’impellente necessità che ha la nostra società di un organo come la nostra fondazione. Vedi, che almeno così riusciremo a dare un minimo di senso alla tua triste vicenda, perlomeno riusciremo a fare in modo che il tuo nome sia ricordato a lungo per una cosa molto importante.
Io non ho mai avuto dubbi, ma mi ha fatto piacere che la tua immagine ne sia uscita completamente pulita, malgrado gli infami e stupidi tentativi dei famigliari di uno degli assassini di diffamarti con l’affissione a Locarno, Gordola e anche vicino a casa nostra, di cartelli che dicevano che tu saresti morto per overdose e non per il pestaggio, poi infamie su di te e me in un blog e, pensa che hanno anche avuto il coraggio di chiamarci a casa anonimamente dicendoci quest’assurdità. Che stupida cattiveria, vero?
Ma tu eri pulito fino in fondo, non avevi bevuto, niente droghe, non hai fatto loro la benché minima provocazione e non ti sei neanche difeso, ti hanno ucciso così, gratis.
Adesso è tutto finito, la giustizia ha fatto ciò che doveva e ciò che ha potuto, chiaro che per noi nessuna pena avrebbe potuto compensare il vuoto che hai lasciato, però spero solo che impareranno, anche se un po’ lo dubito e poi spero che sia da monito per le teste calde che sono ancora in giro per le nostre strade.
Ecco, questo è parte di quello che è successo dopo che te ne sei andato, è proprio incredibile vero? Adesso tu stai bene, mentre noi qui dovremo imparare ad andare avanti, a convivere con il dolore, ma non ti dimenticheremo mai e ti voglio dire anche che io, la mamma e Deborah siamo fieri di averti avuto come figlio e fratello, adesso non ti vediamo più ma lo sappiamo che sei con noi, ci guidi e ci proteggi.
Un grande abbraccio dal tuo papà e da tutti quelli che ti hanno amato.
Pensieri di Anaïs
Caro Dami,
è già passato un anno da quando te ne sei andato, o meglio, da quando ti hanno mandato via. Come è cambiata la mia vita, della mamma, di Deborah e di tutti i parenti e amici.
Ci hai lasciato un vuoto pazzesco, ci manchi ogni giorno.
Non mi sembra ancora vero che sia successo, la mia mente si rifiuta di accettare un avvenimento così tremendo, ma purtroppo so bene che la realtà è questa. È successo un anno fa, ma mi sembra ieri che io ero a letto con l’influenza e tu mi aiutavi ad alzarmi, poi quella mattina del primo febbraio, tu ti eri fermato a dormire da Alberto dopo il carnevale di Roveredo e sei arrivato a casa in tarda mattinata. Mentre io che stavo un po’ meglio mi sono alzato per andare in bagno e ho guardato dalla finestra, era una giornata fredda e uggiosa, ricordo che mi ha colpito vedere un grande uccello con le ali verdi, pensai che fosse scappato da una qualche voliera. Poi se ne volò via e non ci pensai più. La sera saremmo restati solo noi due a cena, perciò volevo prepararti qualcosa, ma tu non hai voluto per non darmi disturbo perché avevo ancora un po’ di febbre, così sei andato a mangiare dalla nonna che nel frattempo ti aveva invitato. Io ero sdraiato sul divano e tu mi hai detto “ciao papi, vado a cena dalla nonna e poi scendo a Locarno” e io ti risposi “va bene, ma quando vuoi tornare a casa, chiama pure a qualsiasi orario che io o la mamma veniamo a prenderti”. Queste furono le ultime parole che ci scambiammo.
Poi verso mezzanotte squillò il telefono, io ero già a letto e ha risposto la mamma che era in salotto, pensai che fosse Deborah che era a Olten e che ci chiamava per dirci che era rientrata a casa dopo il lavoro, invece arrivò in camera la mamma tutta trafelata, aveva telefonato Alberto dicendo che ti avevano portato al pronto soccorso, ma non ne sapeva di più. Dimentico del tutto dell’influenza mi sono vestito in fretta, poi sono venuto all’ospedale con la mamma e strada facendo cercai di tranquillizzarla perché era molto agitata. Poi l’attesa al pronto soccorso, e infine il verdetto del primario: “signori, mi dispiace, non c‘è più niente che la medicina possa fare per vostro figlio”, senza appello e senza attenuanti.
Più tardi ci accompagnarono al reparto cure intense, dove ti avevano portato dopo gli esami, sembrava che tu stessi dormendo, ma anche in quello il primario è stato chiaro, ha detto: “non illudetevi, è la macchina che respira”. Capirai che ci è crollato addosso il mondo, io e la mamma non riuscivamo a capire, ad accettare. In seguito siamo stati accompagnati a casa, eravamo molto confusi, nell’atrio dell’ospedale c’erano tutti i tuoi amici in attesa di notizie ma lo sapevano già che eri grave ed erano disperati. Fuori impazzava il carnevale ma l’atmosfera era surreale, non potevo immaginare che qualcuno potesse divertirsi, ma non sapevano, non ancora.
Il mattino seguente all’ospedale c’era moltissima gente, i parenti e gli amici venuti a trovarci, che erano tutti sconvolti e increduli, caro Damiano l’hai proprio fatta grossa.
Verso mezzogiorno ci raggiunse anche Deborah, le avevo telefonato al mattino dicendole di prendere il primo treno e venire a casa, non le avevo ancora detto che non c’era speranza, ma entrando all’ospedale, il cappellano ha fatto una grossa gaffe, malgrado che non fosse ufficiale la tua morte si è avvicinato porgendoci le sue condoglianze, fu una doccia fredda anche me che già lo sapevo, ma per lei fu tremendo. Quando ti vide mi disse: “ma dai, sta solo dormendo”, era proprio inaccettabile.
Credimi Damiano, non ho mai passato giorni così brutti, settimane, mesi. Nel pomeriggio vennero due ragazzi a spiegarci cos’era successo, erano quelli con cui stavi parlando quando fosti aggredito. Fui loro grato per aver avuto il coraggio di venire a parlarci, fu importante sapere che cosa era successo, anche se seppi poi che uno di loro non era proprio un santo e infatti, visto i suoi precedenti in un primo momento fu arrestato e condotto via in manette, probabilmente ha voluto mettere in evidenza anche davanti a noi che lui non aveva fatto niente.
Ritornati da te venne la dottoressa, mancava poco alla seconda e ultima prova di staccarti la macchina per vedere se avresti respirato autonomamente, ci chiese se eravamo d’accordo per la donazione degli organi, come prima reazione pensai: “ma cosa mi chiedono? Damiano non è mica morto”. Io e la mamma ne parlammo, bisognava guardare in faccia alla realtà e dare una risposta perché l’organizzazione per l’espianto è molto complicata e richiede tempo. Il nostro problema era di accettare l’idea della tua fine, la possibilità che tu non saresti più tornato a casa, ma poi sapevamo della tua grande generosità e che tu stesso ti saresti arrabbiato se non avessimo dato la possibilità di continuare a vivere a cinque o sei persone. Più tardi arrivò a farti visita il Vescovo, rimasi impressionato vedendolo ad abbracciarti in lacrime, non lo credevo così sensibile.
Giunse anche il momento della seconda prova, speravo tanto che ce la facessi ma purtroppo fu decretata la tua morte. Era così difficile da credere anche perché ti avevano ancora riattaccato alla macchina per respirare in attesa dell’espianto che sarebbe avvenuto all’indomani. La domenica pomeriggio dovettero trasportarti a Lugano per l’espianto degli organi, noi volevamo stare con te il più possibile, così ti abbiamo seguito, c’era anche la tua sorellina. Quando arrivammo in una sala d’attesa dell’ospedale c’erano alcune persone che leggevano un giornale domenicale e restammo impressionati nel vedere una tua fotografia in prima pagina, sembrava talmente assurdo. C’era uno che diceva: “ma guardate la foto, deve essere per forza un bravo ragazzo, non ha mica gli occhi di uno che va a cercare rogne” e io mi avvicinai dicendogli che aveva ragione, lo sapevo bene perché io ero suo papà.
Ogni volta che si poteva volevamo tenerti la mano, abbracciarti, fino alla fine e quello fu un altro momento terribile, quando ci fecero entrare in una camera e, tu eri li, freddo. Poi sentimmo un elicottero che partiva con la parte di te destinata a vivere. Tornammo a casa, non mi ricordo che ora fosse ma era notte da un bel po’, eravamo tutti in uno stato di stanchezza, dolore, da incubo, stato che continuò anche per molti giorni, settimane, mai stati peggio.
Lunedì è arrivata molta gente, parenti e amici, era venuto anche il tuo amico Elmin, mi disse che il mondo dei bloggers e non solo si era scatenato contro gli stranieri, specialmente balcanici e anche lui che è kossovaro aveva ricevuto messaggi osceni e minacce. Quando fummo finalmente soli, mancava poco a mezzanotte e io ero stanchissimo, ma continuavo a pensare a quanto mi ha detto Elmin, lui che era uno dei tuoi migliori amici, non era giusto. Così mi misi al computer, non so con quale forza e come ho fatto a trovare le parole, sono sicuro che ci hai messo tu lo zampino, ho scritto una lettera per giornali, radio e televisione, cercando di trasmettere un messaggio che contribuisse a calmare le acque. Stando a quanto ho poi sentito dopo pare che sia servito. Grazie Dami.
Arrivò anche il giorno del funerale, certo che ti è stato reso un grande onore, c’era tantissima gente, le autorità, tre consiglieri di stato, due vescovi, moltissimi militari.
Ma tu lo sapevi già, vero? Un giorno, quando ci rivedremo, mi dovrai spiegare perché pochi giorni prima della tua partenza, commentando la grande partecipazione al funerale del ragazzo tuo vicino di tomba, dicesti alla mamma: “vedrai al mio, quanta gente verrà e ci saranno anche le autorità”.
E poi, che dopo la tua morte mi sono venuti in mente diversi fatti strani, ad esempio che io quello che ti è successo l’avevo pensato più di una volta, non mi ricordo in quale occasione, forse nel dormiveglia. Chiaro che questi pensieri li ho scacciati subito dicendomi “ma che scemo, che cavolo penso?”. Poi più volte hai detto, parlando delle tue ambizioni per il futuro: “vedrete come sarò famoso”, io e la mamma ne eravamo fieri, certo, ma la tua fama non doveva essere questa. Questa forse è una stupidata ma ho pensato anche a quell’uccello verde che vidi quel maledetto giorno di carnevale, che sia stato un “uccello del malaugurio”? Questi sono solo alcuni dei fatti strani che sono successi, ne avremo di tempo per discuterne quando ci ritroveremo.
Sai, com‘è difficile cercare di dare un senso a quello che ti è capitato, tu che volevi bene a tutti, ti hanno proprio scelto bene come vittima. Quante volte mi sono chiesto, ma perché tu? Perché dovevi proprio essere li in quel momento? Perché, perché?
Lo so che dovrò ancora attendere un po’ per avere una risposta, ma, anche se con molta fatica, sono riuscito ad avere la consapevolezza che ci sia un disegno ben definito per ognuno di noi, che la tua missione era questa e che dovevi dare un segno forte per scuotere le coscienze della comunità.
Un giorno uno dei tanti miei amici che conoscevi bene anche tu, Ivo, mi propose di creare una fondazione in tua memoria. Mi parve subito un’ottima idea e dopo averci pensato qualche giorno, mi attivai per concretizzarla. Mi piacque proprio l’idea che con una fondazione a te dedicata si potesse mantenere viva la tua memoria e nel contempo fare qualcosa di positivo e di buono, ciò poteva essere un mezzo adatto per dare almeno un po’ di senso alla tua morte. Lavorare per la fondazione è una delle poche cose che, ancora tuttora mi fanno bene e mi aiutano ad elaborare il lutto della tua partenza. Però sono anche sorpreso non poco dall’enorme interesse e sostegno che suscita la fondazione e mi rendo conto della necessità che aveva la nostra società di un organo indipendente per la prevenzione della violenza giovanile, ciò un po’ mi spaventa per la grande responsabilità di cui mi carica, ma so che ce la farò con l’aiuto degli altri membri e sopratutto con il tuo. Però, Damiano, dovevi proprio essere tu il “martire”?
È molto strano essere al centro dell’attenzione, come comportarsi, sentire le reazioni della gente, una cosa che non capiscono è che per noi, come tutti i genitori che hanno perso un figlio, il nostro problema è proprio quello, invece secondo la maggior parte coloro che venivano a dimostrarci la loro solidarietà doveva essere il modo in cui è successo. È vero, sapendo che sei morto per la precisa volontà di qualcuno fa rabbia, molta rabbia, non sai quali pensieri ho fatto contro i tuoi aggressori, quante volte sono andato in giardino a sfogarmi prendendo a bastonate quello che capitava. Se li avessi avuti fra le mani in quei momenti, non so come ne sarebbero usciti, ma so bene che la vendetta non ti riporterebbe indietro, che sarebbe altra violenza e che alla fine diventerei come loro. No, noi non siamo così, anche tu come me avevi fiducia nella gente e quando ti hanno aggredito ne sei rimasto talmente sorpreso che non hai nemmeno reagito.
Da quando te ne sei andato non ho fatto che ripensare a tutto quello che abbiamo passato assieme, ho anche scritto un racconto sulla tua vita come se fossi stato tu a farlo, chiaro, visto con i miei occhi che si riempivano di lacrime ad ogni passaggio, spero che ti piaccia, adesso si trova sul sito della fondazione. Non sai che dolore si prova a rivedere le tue foto, eri un giocherellone e facevi sempre le smorfie davanti all’obiettivo, difficile trovare foto serie. All’inizio facevo una fatica enorme a vedere le foto che ti avevo scattato a Weggis alla cerimonia per la promozione a tenente, secondo me quello è stato il giorno più felice della tua vita. È anche per questo che abbiamo deciso di metterti l’uniforme al tuo funerale. Poi, com‘è stata dura andare a Zurigo a liberare il tuo appartamento, l’abbiamo fatto io e la mamma un mese dopo la tua morte (mi fa ancora impressione scrivere questa parola riferita a te), la tua camera era ordinata come sempre, ogni cosa che ci veniva in mano era pesantissima, le tue maglie preferite, il tuo computer, i tuoi libri. Avevo sempre una rabbia dentro, sopratutto per l’impotenza e per la consapevolezza che non si poteva più fare niente per riaverti.
Durante quest’anno sono successe molte cose che non avrei mai immaginato potessero capitare a me, interviste a giornali e televisioni, discorsi davanti a centinaia di persone, inviti a conferenze sulla violenza, ho incontrato molta gente che non pensavo di conoscere, grazie a te, ma ti giuro, come vorrei che non fosse successo niente e riavere la mia vita di prima, con le mie gioie, le mie speranze e i miei piccoli problemi.
Anche la giustizia stava facendo il proprio corso, si avvicinava piano piano anche la data del processo, finché ce la comunicarono, l’inizio sarebbe stato al 19 gennaio. Non ti nascondo che l’avvicinarsi di questo momento mi dava un po’ d’ansia e prima di quello ci sarebbe stato il Natale, il primo senza te. Per fortuna abbiamo deciso di fare ugualmente la vacanza con tutta la famiglia che ti avevo promesso l’anno scorso, siamo andati in Thailandia con Deborah e Christian, ti sarebbe proprio piaciuto tanto.
Per tutti noi è stato un momento di distacco, ma non da te, sapessi quante volte ti abbiamo nominato. Il beneficio delle vacanze è durato molto poco, infatti si avvicinava a grandi passi l’inizio del processo e l’ansia diventava sempre più grande. Non sapevo bene come avrei reagito a guardare in faccia i tuoi assassini ed era anche inevitabile un incontro ravvicinato con i loro genitori.
Arrivò quindi anche il primo giorno, era lunedì 19 gennaio. È stato strano vederli, ad un primo momento ho visto dei ragazzi, magari un po’ intimoriti a trovarsi seduti su una sedia davanti a giudici e giurati. Ma appena il giudice cominciò ad interrogarli, anche con una certa veemenza, ho cambiato subito idea, non erano proprio dei ragazzi che ne hanno combinata una più grande di loro, erano piuttosto arroganti, molto reticenti ad ammettere certi particolari evidenti e davano delle spiegazioni assai assurde sui fatti. Cercavano con scaltrezza di ingannare giudice e giurati, che evidentemente però erano tutt’altro che stupidi. Sai Dami, la cosa che mi ha fatto più male è che nei loro occhi non ho visto un’ombra di pentimento, a parole lo hanno detto, ma se lo fossero stati veramente avrebbero collaborato e detto tutto ammettendo le proprie colpe, avrei volute sentire da loro perché lo hanno fatto, invece sono stati reticenti fino alla fine. Peggio per loro in fondo, se fossero stati più collaborativi avrebbero sicuramente avuto una pena minore.
Io e la mamma avevamo bisogno di sapere cosa è successo, era un passaggio necessario, ma che fatica! Abbiamo saputo nei dettagli di quale crudeltà sei stato vittima, è assolutamente incredibile e inconcepibile che sia potuto succedere, i tuoi aggressori dovevano proprio essere invasati dal demone della stupidità. Purtroppo mi si sono aperti gli occhi su una realtà giovanile, non solo per quei tre, ma per tutto quello che c‘è stato a contorno, ragazzi ubriachi, bande che cercano solo il minimo pretesto per innescare un conflitto, magari con l’intenzione di scatenare una rissa. Questo è anche la dimostrazione dell’impellente necessità che ha la nostra società di un organo come la nostra fondazione. Vedi, che almeno così riusciremo a dare un minimo di senso alla tua triste vicenda, perlomeno riusciremo a fare in modo che il tuo nome sia ricordato a lungo per una cosa molto importante.
Io non ho mai avuto dubbi, ma mi ha fatto piacere che la tua immagine ne sia uscita completamente pulita, malgrado gli infami e stupidi tentativi dei famigliari di uno degli assassini di diffamarti con l’affissione a Locarno, Gordola e anche vicino a casa nostra, di cartelli che dicevano che tu saresti morto per overdose e non per il pestaggio, poi infamie su di te e me in un blog e, pensa che hanno anche avuto il coraggio di chiamarci a casa anonimamente dicendoci quest’assurdità. Che stupida cattiveria, vero?
Ma tu eri pulito fino in fondo, non avevi bevuto, niente droghe, non hai fatto loro la benché minima provocazione e non ti sei neanche difeso, ti hanno ucciso così, gratis.
Adesso è tutto finito, la giustizia ha fatto ciò che doveva e ciò che ha potuto, chiaro che per noi nessuna pena avrebbe potuto compensare il vuoto che hai lasciato, però spero solo che impareranno, anche se un po’ lo dubito e poi spero che sia da monito per le teste calde che sono ancora in giro per le nostre strade.
Ecco, questo è parte di quello che è successo dopo che te ne sei andato, è proprio incredibile vero? Adesso tu stai bene, mentre noi qui dovremo imparare ad andare avanti, a convivere con il dolore, ma non ti dimenticheremo mai e ti voglio dire anche che io, la mamma e Deborah siamo fieri di averti avuto come figlio e fratello, adesso non ti vediamo più ma lo sappiamo che sei con noi, ci guidi e ci proteggi.
Un grande abbraccio dal tuo papà e da tutti quelli che ti hanno amato.
Pensiero di Kim
Quando si risveglia il giorno,
lo sento parlare….. di paure;
quando vedo le nuvole incontrarsi,
mi accorgono che versano lacrime….. per i ricordi;
quando soffia il vento,
percepisco i sussurri….. delle speranze;
quando nasce la notte,
la sento raccontare….. i sogni
Caro Damiano,
ti ho conosciuto dai racconti
di chi bene ti ha voluto.
Ti ho conosciuto,
dalle fotografie,
di quando il tuo tutto
non era ancora perduto.
Ovunque ora tu sia,
manda ai tuoi cari,
forza e coraggio
con tutta la tua magia!
D’Agostino-Filisetti Katy
Pensiero di Enzo Algisi
Ho visto che anche Damiano faceva della subacquea, anche io sono un sub, non da molti anni, ma lo sono anche io, un Rescue Diver PADI.
Beh come e’ piccolo il mondo, non lo conoscevo ma avevo una cosa in comune con lui, ora sono sicuro che Damiano vegliera’ sulle mie immersioni e quelle di tutti, e io mi sentiro’ un po’ piu’ tranquillo.
Non so onestamente quali frasi usare, però lascerò che questa preghiera del diver parli per me:
“SIGNORE DEGLI ABISSI CHE SEGNASTI I CONFINI TRA LA TERRA E LE ACQUE, CHE DOTASTI I PESCI DI PINNE, GLI UCCELLI DI PIUME E L’UOMODI INTELLETO E DI VOLONTÁ, FA CHE IL MIO COSCIENTE ARDIMENTO NONSIA VANO, MA SIA DEGNO DELLA TUA GRAZIA DIVINA. CON PAOLO TUOAPOSTOLO CHE CONOBBE TRE VOLTE I PERICOLI DEL MARE E SEMPRESALVASTI, AFFINCHÉ COMPISSE LA SUA MISSIONE, TI
PREGO DI PORGERMI LA TUA PATERNA MANO COME IO PROMETTO DI PORGERE PATERNAMENTE LA MIA A TUTTI COLORO CHE SI TROVANO IN PERICOLO E IN PENA. CONCEDI, O SIGNORE, CHE PAOLO MI SIA VICINONELLE IMMERSIONI, CONFORTO NELLE IMPRESE RISCHIOSE, SOCCORSONELLE STRENUE FATICHE, PER LA SALVEZZA DEL CORPO E DELL’ANIMA. COSÍ SIA.”
Enzo
Pensiero di Fabry
We shared dreams like all best friends
We lived, but you paid the price
Why? Why did you have to die?
I know you are watching over me.
And i know,
Together we’ll be someday.
Wish You Were Here..
Miss you..
Fabry
Pensiero di Yamin Bollag
Damiano, ti conoscevo molto bene, anche se abbiamo parlato poco, perché al Liceo ti ho conosciuto per intero. Eri bravo e interessante. Nessuno brillava come te in testa. Eri la pace civile in persona. Chi di più tranquillo e ambizioso c’era di te al Liceo? Eri già pronto per l’Università. Non eri come gli altri. Eri diverso. Eri meglio. Eri sopra la media.
Yamin Bollag
Pensiero di Claudia Manna
Damiano
Il viso allungato
Lo sguardo sereno
L’espressione felice
I capelli color biondo
L’unità di un paese
La rabbia di una comunità
L’incomprensione dietro l’angolo
L’aria troppo leggera
Lo smarrimento del dolore
Le ombre della sera
Le luci sempre spente
Il respiro affannoso
Il sangue trafficato
La tristezza incancellabile
Cosa resta?
Non lo so e avrei preferito non chiedermelo.
Pensiero di Manuela Realini
L’anima non occupando uno spazio e non avendo peso è infinta ed è in una parte di questo infinito che risiede tutto il mio volerti bene… per sempre…
Pensiero di Wilma J. Michetti
Carnevale
Sorridenti i volti,
allegre le voci.
Mi divertivo
fra maschere e colori.
La musica suonava
la gente ballava.
Il mio primo giorno di ferie,
mi divertivo con loro.
Ero stanco del lungo viaggio
ma felice di festeggiare.
Coriandoli colorati volavano
una dama dell’800 mi sorrideva.
Poi, non so che sia stato
a scatenare la furia.
Ho sentito dolore
di rabbia le urla.
Adesso mi trovo
in un limbo ignoto.
La lotta continua
ma per gli altri son già morto.
Wilma. J. Michetti
02.02.08
Pensiero di Renato Armenio (WoW)
Salve, ho visto il sito solo ora, non sapevo della sua esistenza. Trovo che l’iniziativa sia molto bella e permetta di portare avanti la memoria di Damiano.
Non lo conoscevo personalmente ma passavamo molto tempo insieme a lui giocando su World of Warcraft o a fare le nottate su skype per discutere delle tattiche di gioco.
Era un ragazzo che sapeva coinvolgere e che dimostrava affetto ed amicizia con massima naturalezza.
Mi capita di pensare ogni tanto al modo insensato in cui lo abbiamo perso ed avendo visto solo ora il sito mi piacerebbe condividervi una “foto” scattata in gioco in uno dei momenti che ci vedeva spesso impegnati a correre tra i mostri del gioco.
Spero che questa “foto” possa incrociare il pensiero di tutti quelli che lo hanno conosciuto, chi più chi meno, nel mondo virtuale di World of Warcraft nei panni di un suo alter ego Frizz o Hugo.
Sinceramente,
Renato Armenio
Pensiero di Assunta Mantovani
Niente dà spazio
alll’angoscia come
l’attesa di un non ritorno.
Il precipitare dei suoni
lo spezzarsi dei sogni
la rabbia dell’impotenza
l’amara vischiosità del sangue.
Il conoscere la diversità
l’orrore della ferocia
in una fiammata insensibile
sprecata in un frantumo d’ossa.
Bruciamo l’isteria
cancelliamo l’odio
spodestiamo la vendetta
smantelliamo l’orrore.
Siamo umani, siamo diversi
non stiamo a guardare
l’intollerante spreco della vita.
Alpa 6-12-08
Di Alfredo Parolini
Pensiero di Baldo Scolari
Mi ricordo che… Cos‘é un ricordo? Di che materia sono composti i ricordi? Di parole o di immagini? O di suoni, odori, percezioni tattili?
I ricordi sono sfuggenti. Se ci sforziamo nel tentativo di evocarli, facciamo sempre fatica a catturarli.
Un ricordo non é semplicemente un evento di una realtà passata, un moto nello spazio e nel tempo registrato dalla nostra mente. Un vecchio filmino di famiglia, con scritto in basso a destra l’esatto anno, giorno e ora in cui è stato fermato un momento, o meglio una serie pressoché infinita di momenti, non é un ricordo. Ricordo é ciò che il filmino rievoca in ognuno di noi. É una determinata sensazione, emozione senza tempo. Catturare, fissare un ricordo é quindi un attività assai complessa, quasi artistica.
Il ricordo arriva inaspettato, é il risultato di uno stimolo esterno, di una serie di associazioni emotive; quando tentiamo di immortalarlo, é quasi sempre già sfuggito, nascosto fino a nuovo avviso nel nostro subconscio, o nel subconscio del mondo, delle cose.
“Allora cosa mi rimane?” – Ti chiedi. Beh, ti rimane l’unica cosa su cui hai potere, vale a dire la volontà di ricordare. La volontà di fissare in un luogo senza tempo insignificanti momenti, così insignificanti da essere la nostra ragione di vita, il fulcro del senso dell’esistenza. Perché le cose più belle, quelle che più di ogni altra cosa tengono caldo il sangue nelle vene, sono sempre insignificanti. Piccoli barlumi di luce.
La volontà di ricordare é il filo che lega passato, presente e futuro. Che lega la mia vita alla tua, a quella di mio nonno, di tua nonna, di tutti i nonni e le nonne e le sorelle e i fratelli di tutto il mondo. Perché chi non ha volontà di ricordare vive in mondo inorganico, senza tempo, una sorta di non-presente tutto uguale.
Io voglio ricordare chi era. Chi era Damiano? Prima di ogni altra cosa era un sorriso che esprimeva ed ispirava una fiducia senza eguali. Fiducia in se stesso. In me stesso. Nel mondo.
Damiano era quel ragazzo, che durante i nostri studi( o meglio non studi!) al liceo veniva la sera a trovarmi verso le 23. 00 – 23. 30 nel mio rustico a Gordemo. Si beveva insieme un bicchier di vino. Io fumavo una canna, e quasi fosse un rituale lui mi diceva: “ É ora di smettere, con quella roba, che ti spegne il cervello, ti limita il pensiero!”. Io ridevo. Poi si parlava. Generalmente si parlava di politica, di filosofia, di giustizia sociale. Quanto erano belle le nostre discussioni! Io lo bollavo con ironia: “Oregiatt!” – e lui me: “Comunista!” Incredibile era la nostra capacità, sul finire di ogni discussione, di trovarsi di comune accordo, di trovare quella terra di confine, dove ideologia e senso critico si fanno coppia equilibrata, matrimonio perfetto. Era il profondo rispetto reciproco che ci portava a capire e ponderare le opinioni del’altro. Quasi fosse un rituale, ci dicevamo: “Ah, se tutti tutti i politici sapessero discutere come lo facciamo noi…”
Damiano era quel ragazzo che una sera dell’estate 2007, quando piangendo gli roccontai le mie paure riguardo a mia madre, la paura di non riuscire ad affrontare la vita, di perdemi come si era persa lei, mi abbracciò e tenne stretto a lungo. Poi, guardandomi negli occhi, mi disse: “Baldo, con il tuo ego e la tua voglia di scoprir te stesso e il mondo, sarai tu a determinare la tua vita…” Mi conosceva meglio che io me stesso. Quale fiducia, quale volontà di speranza in queste parole!
Se non mi sbaglio fu Orazio che scrisse, molto tempo fa, che dei defunti si parla sempre in bene. Potra anche essere vero, ma se c‘é una cosa che posso affermare con certezza, é che di Damiano o da parlare solo in bene! Ho conosciuto poche persone con una tale calma interiore, con una così chiara visione delle cose. Sapeva sempre stupirmi, la sua capacità di non cadere nella trappola del giudizio, del criticar l’agire degli altri. Di non voler dare giudizi affrettati sulle persone. L’atto del criticare é sempre pericoloso. É sempre strettamente collegato con una sensazione di superiorità, che tra l’altro é quasi sempre sintomo di insicurezza. In quest’ambito ho ancora molto da imparare da Damiano.
Io voglio ricordare. L’apatia, caratteristica intrinseca del’oblio, é l’esatto contrario di quello che era Damiano. Potrà sembrare naiv, potrà sembrare una scusa, un castello di sabbia per combattere il dolore, ma Damiano é ancora con noi se ci ricordiamo chi era, se ci sforziamo, giorno dopo giorno, di ricordare il suo volto, le sue gesta, i suoi versi, come “muuu” e “gnaah”, le sue mani parlanti, il suo collo giraffesco che lo faceva riaffiorare fra le folle.
Scrivendo queste righe, mi accorgo di una disperata speranza. Nel immediato adesso mi accorgo di dubitare di quel che scrivo. Che stia mentendo a me stesso? Che stia cercando di nascondere l’empirico e semplice fatto che Damiano non é più? Ma é proprio questa la caratteristica tipica della volontà: é mia. Nessuno me la puo togliere. E io voglio credere che Damiano é vivo, perché vive nei miei ricordi. Vive nei ricordi di tutti quelli che lo hanno conosciuto e non hanno potuto far a meno di amarlo. Vive, malgrado il profondo male di cui siamo stati testimoni, nei nostri ricordi, per darci la speranza di cui abbiamo bisogno. Per ricordarci che al mondo ci sono anche persone buone, allegre e sempre disposte ad aiutare un amico anche nei momenti più difficili. Persone come lui. Per me lui sarà sempre un esempio da seguire, una stella ispiratrice, una forza trainante. Sarà sempre la persona che nella mia piccola storia di vita, ha avuto l’importante ruolo di lume al significato più profondo della parola significato più umano, più profondamente radicato nel anima. In un mondo di incertezze, mi rimane fra poche la certezza, la fede nell’amicizia, il regalo più grande che potesse farmi.
Pensiero di Carmen Corti
Caro Damiano,
questo scritto non lo leggerai ma in cuor mio lo troverai Non ti ho conosciuto Non ti ho incontrato Non ti ho parlato hai dei Genitori che non so come hanno fatto ad affrontare tutti questi momenti sono certa che Dio è accanto a Loro perchè se fosse capitato a me non so se avrei avuto quella forza e coraggio.
Loro ti hanno insegnato sin dalla nascita l’AMORE, il RISPETTO e la Gioia della VITA nei suoi mille cammini. Loro ti hanno protetto dal male e di hanno insegnato a trasformarlo in bene Loro ora vivono con un GRANDE vuoto che solo con tantissimi ricordi riescono a colmare.
Tu hai pagato con la VITA l’opposto dei principi di base che erano fondamentali nel tuo cuore e NON È GIUSTO.
Non è la giustizia, non è la legge e non saranno le parole e tanto meno la società a ridare quello che ti è stato tolto, spero e credo che in nostro Dio veda e prima o poi provveda.
La tua Famiglia ha dovuto muoversi con razionalità e pesare sempre il pensiero e le parole e quando ti vogliono venire a porgere un dono devono varcare il cancello del Cimitero.
La Famiglia dei tre invece andrà a trovare i suoi Figli in una struttura calda e sicura, protetti dalle leggi che a te non è stato concesso di riceverli!
Tu che vegli su tutti noi ed i tuoi Cari donaci la Forza e illuminaci in quei cammini bui e difficoltosi. GRAZIE !
Ai tuoi Genitori e Cari posso solo RINGRAZIARE per avermi mostrato un GRANDISSIMO CORAGGIO. SIETE MERAVIGLIOSI!
Buon viaggio Damiano!
Ora ti ho parlato, ora ti ho conosciuto (via media e sito) e sul volto di tuo Padre ti ho incotrato.
Carmen Corti
Pensiero di Nadia Colombi
Caro Damiano,
una carezza..come un’alito di vento ti sfiora quasi impercettibile..sì é un’angelo..si ode una bellissima melodia e le note, mai come sin d’ora, son mai state così profonde nell’immensità.. e noi piccoli quaggiù non ti dimenticheremo mai..
A te Damiano, così giovane come tu eri pronto a vivere la vita,
Nadia
Sandra Gasperoni
Come posso raggiungerti
se non con l’inchino di un angelo
come posso incontrarti
se non con l’ebrezza di centinaia di bei giorni
fotografie illuminanti
per essere semplicemente Damiano.
Una stanza colma di sorrisi
una bellezza dipinta dai colori della gioia
ovunque
sentirai la calma quieta
di una vita
oltre la vita.
Sandrina Gasperoni
poetessa e scrittrice marchigiana
Senka Grandincic
Ogni volta che inizio a scriverti, giuro, la mia mente e i miei pensieri si bloccano e tutto ciò che mi sta attorno nè lo vedo nè lo sento… Che sia giorno o sia notte, la caduta in un vuoto immenso mi avvolge…
Da quel giorno lontano ma che ancora oggi è vicino, … mi sono lasciata trasportare dal freddo gelido dell’indifferenza e dai sentimenti per tutto e per tutti..
Una sensazione indescrivibile, ma che con il tempo fino ad oggi mi ha fatta cambiare, non migliorare, cambiare e adesso dedicato a te va anche la mia vita, ogni momento che vivo durante una giornata, e da quel giorno l’ho dedicata a te, continuo a farlo e continuerò a farlo… Perché sei nei miei pensieri ogni minuto che passa davanti ai miei occhi, ti vedo sorridere tra la natura, tra le foglie degli alberi spogli o non, tra l’acqua immobilizzata dal soffio leggere e freddo di quest’inverno, tra il fiume che scorre e canticchia tintinnante, tra una tazza di caffè al mattino, tra una melodia e l’altra della musica…
E quando sento questa canzone di Fabrizio Moro “Libero” al ricordo di te, sorrido ai momenti passati con te e al pensiero immaginario dei racconti di te…
E sento quella forza la voglia sempre di più di volare.. sentirmi libera di ….
“ Voglio sentirmi libero da questa onda
Libero dalla convinzione che la terra è tonda
Libero libero davvero non per fare il duro
Libero libero dalla paura del futuro
Libero perché ognuno è libero di andare
Libero da una storia che è finita male
E da uomo libero ricominciare
Libero perché ognuno è libero di andare…. “
Ti voglio bene e spero di incontrarti un giorno tra i miei sogni, che risveglierai…
Senkina…
Pensiero di Tiziana Campana
Sei un angelo che noi preghiamo e salutiamo sempre la sera prima di dormire. io e la mia bambina.Vorrei tanto che tu non lo fossi ancora.che fossi ancora qui tra di noi, a camminare per le nostre strade, a rallegrare la vta di chi sta attorno! Dio ha scelto cosi’ purtroppo
Tiziana
Pensiero di Patrizia
Che tu possa con il tuo sguardo vegliare su quelli più deboli di te.
Tu eri la forza. Trasmettila a chi non ne ha.
Caro Damiano, non ti ho mai conosciuto, ma un giorno lassù ci incontreremo.
Patrizia